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AvetranaAvetrana è una cittadina dalle origini molto antiche, forse risalenti addirittura al periodo Neolitico. Questa ipotesi è sostenuta da alcuni ritrovamenti di villaggi preistorici risalenti al VI millennio a.C., scoperti lungo l’antica via Tarantina, nonché da reperti della stessa epoca rinvenuti nelle grotte del Canale di San Martino, oggi conservati presso il Museo Nazionale di Taranto. Un'altra teoria sull’origine di Avetrana si basa sul suo antico nome, "Vetrana", che la collegherebbe al periodo romano. A sostegno di questa tesi vi sono i resti di una villa rustica del II secolo a.C., rinvenuti nei pressi di un acquedotto costruito sul Monte Maliano.
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ErchieErchie trae le sue origini dall’antica città di Erculea, situata a meno di quattro chilometri di distanza, che fu devastata e poi abbandonata a causa delle frequenti incursioni barbariche. Ancora nel 1678, si potevano osservare resti delle sue strutture. Prima della diffusione del Cristianesimo, il culto di Ercole—conosciuto dai Greci come Eracle—era molto diffuso, soprattutto tra i Romani. Dopo la distruzione della città, i suoi abitanti sopravvissuti si rifugiarono in un insediamento vicino, nato attorno a un luogo di culto e alle sue cripte. Questo villaggio prese il nome dell'antico centro, che col tempo si trasformò in Erchie. Non sorprende che nello stemma del comune sia raffigurato Ercole nell’atto di spezzare una colonna.
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FragagnanoFragagnano, conosciuto localmente come Fragnànu nel dialetto salentino, è un piccolo comune della provincia di Taranto, in Puglia, con una popolazione di 4.951 abitanti. Sorge nell'area settentrionale del Salento ed è uno dei sette comuni che formano il gruppo chiamato "Terre del Mare e del Sole", situato nella parte orientale della provincia ionica. Fragagnano fa parte anche dell'Area vasta Tarantina. L’area fu abitata fin dalla preistoria, in particolare nel periodo neolitico intorno al 3000 a.C., quando le popolazioni del tempo vi costruirono le loro abitazioni circolari. Ne sono prova i reperti rinvenuti durante gli scavi effettuati sul monte Santa Sofia, ora inglobato nel centro abitato. Ulteriori ritrovamenti archeologici, tra cui numerosi frammenti di ceramica risalenti alla stessa epoca, sono emersi in passato anche in località Cazzato e Pozzo Palo, poco distanti dal paese.
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LizzanoSituata nella parte sud-orientale della provincia di Taranto, a soli 23 km dal capoluogo, Lizzano si distingue per dialetto, usanze e tradizioni che la avvicinano culturalmente al territorio leccese. Questa peculiarità la rende, sotto molti aspetti, estranea al contesto socio-culturale tipico di Taranto, le cui influenze risultano limitate. Le origini del borgo risalgono ai primi anni del XIII secolo, quando un gruppo di profughi leccesi si insediò nel territorio lizzanese. La loro migrazione fu causata dalle incursioni normanne guidate da re Guglielmo I, detto "il Malo". Una leggenda narra che, a causa della sua rigida politica fiscale, il sovrano sostituì le monete d’oro e d’argento del regno con altre in cuoio, escogitando una trappola fiscale che ingannò persino un giovane principe palermitano. L’autorizzazione all’insediamento nei pressi di Pulsano fu concessa dalla contessa Albiria, figlia della regina Sibilla, giunta dalla Francia a regnare su Lecce per diritto ereditario. In omaggio alla terra d’origine, i profughi fondarono un villaggio chiamato “Licyano” — nome ispirato, secondo la tradizione, ai lecci (in dialetto “lezze”) che abbondavano nella zona, dando vita a molteplici leggende sull’etimologia del toponimo. Tuttavia, testimonianze di insediamenti più antichi sono presenti sul territorio: la Chiesetta rupestre dell’Annunziata, con la sua cripta ipogea risalente al IX–X secolo (epoca longobarda), fa supporre una frequentazione precedente, plausibile anche per la posizione strategica al confine con l'area bizantina. La prima fonte documentale su Lizzano risale al 1272, in un registro angioino che cita il feudatario dell’epoca, Iacopo de Rephis. Successivamente, nel 1315, il casale passò sotto il controllo di Goffredo de Pandis, seguito da vari altri signori feudali. Nel 1606 la proprietà fu acquisita dalla famiglia Clodino e, in seguito, dal nobile Nicola Chyurlia, che ottenne il titolo di marchese. La famiglia Chyurlia mantenne il marchesato fino all’abolizione dei privilegi feudali nel 1806. Oggi, Lizzano è apprezzata anche per la sua meravigliosa marina: un tratto incontaminato di costa compreso tra la Marina di Pulsano e quella di Torricella, nota come "Torre Ovo". Questa zona offre paesaggi di rara bellezza naturale, divenendo meta ambita per chi cerca il fascino autentico del Salento.
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ManduriaSituata sulle Murge Tarantine, Manduria è una delle città più estese e dinamiche della provincia di Taranto. La sua crescita e importanza derivano dalla posizione strategica: si trova infatti all’incrocio delle principali vie di comunicazione tra i territori di Taranto, Lecce e Brindisi. Il suo sviluppo si alimenta da un territorio fertile e generoso, punteggiato di ville rurali e aziende agricole, dove prosperano vigneti e oliveti. Qui nasce il celebre Primitivo D.O.C., un vino pregiato che rappresenta uno dei simboli enogastronomici della zona. Manduria vanta origini antichissime. Secondo la tradizione, fu fondata diversi secoli prima di Cristo dai Messapi, popolazione di probabile origine egeo-cretese o illirica. Solo in tempi recenti, questa civiltà ha ricevuto attenzione scientifica approfondita. Le migrazioni che portarono all’insediamento dei Messapi risalirebbero al X-XII secolo a.C., con successive ondate illiriche. Alcune leggende raccontano persino di fondatori cretesi o fenici. Come parte della dodecapoli messapica, Manduria fu uno dei centri più influenti di quest'antica federazione. Secondo lo storico Plutarco, fu proprio sotto le sue mura che cadde, nel 338 a.C., Archidamo, re di Sparta, accorso in aiuto dei Tarantini. Durante la seconda guerra punica, Annibale si accampò nel territorio, conquistando la città. Successivamente, il console romano Quinto Fabio Massimo la assediò e la espugnò, facendo circa quattromila prigionieri, come riportato da Tito Livio nelle sue Storie. Nei secoli seguenti, Manduria subì varie dominazioni: Bizantini, Longobardi, Goti, Saraceni e Agareni si alternarono nel governo e nelle incursioni. La cittadina si ritrovò così al margine del cosiddetto “Limitone dei Greci”, linea di confine tra le due culture dominanti. La parte urbana finì sotto l’influenza bizantina, mentre l’area rurale passò ai Longobardi — traccia visibile in alcuni toponimi ancora attuali. Nonostante l’arrivo dei Normanni e l’imposizione del rito cattolico, sopravvissero a lungo elementi del culto greco. Fu Ruggero, nel 1090, a ricostruire la città nella zona orientale dell'antica Manduria messapica, battezzandola Casalnuovo (o “Case Nuove”). Dopo secoli poco documentati, nel 1572 la Regia Corte vendette il marchesato al principe Davide Imperiali, della famiglia genovese Imperiale, che lo mantenne per due secoli, fino alla morte senza eredi di Michele IV nel 1782. Il fervore edilizio di quel periodo è testimoniato dalla costruzione di numerose chiese e conventi, segno del ruolo sempre centrale della città, situata com’è lungo la via Traiana, equidistante da Brindisi, Taranto e Lecce. Nel 1789, per volontà della cittadinanza, il re Ferdinando IV concesse la possibilità di recuperare l’antico nome: Manduria. Con l’Unità d’Italia, la città conobbe un importante sviluppo demografico, pur colpita da dure epidemie, come quelle di colera del 1865 e del 1886. Da allora, Manduria ha proseguito il suo percorso di crescita, rimanendo fedele alla sua identità storica e culturale.
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MaruggioMaruggio è un piccolo centro abitato di circa 5.000 residenti, situato nella zona meridionale del territorio del G.A.L. e affacciato sulle sponde del Mar Ionio. Le origini del borgo risalgono probabilmente alla fine del IX secolo d.C., periodo in cui fu assegnato come feudo prima alla famiglia Cateniano e successivamente ai De Marresio. Durante il XII secolo, sotto il controllo dei Templari, il paese fu inglobato nella Terra d’Otranto. A partire dal XIV secolo, furono i Cavalieri di Malta, eredi dell’Ordine Templare, a dare nuovo prestigio al luogo. In questo periodo la città fu fortificata grazie alla costruzione di un castello e di torri lungo la costa. Il XVI secolo segnò per Maruggio un’epoca fiorente, caratterizzata da ricchezza e sviluppo. Il dominio dei Cavalieri di Malta si protrasse fino al 1819, anno in cui Maruggio ottenne lo status di comune indipendente.
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OriaSulle antiche dune fossili formatesi circa un milione di anni fa, dove un tempo sgorgavano numerose sorgenti, si erge luminosa la città di Oria. Questo territorio, ricco di risorse naturali, fu particolarmente adatto allo stanziamento umano, attirando gruppi di pastori dediti alla transumanza, sia a breve che a lungo raggio. Le prime tracce di presenza umana risalgono al periodo compreso tra il Paleolitico medio e il Neolitico, ma è nel pieno dell’età del Bronzo che nasce il primo insediamento stabile sulla collina più alta. Nel tempo, su questo stesso rilievo si sono succedute diverse civiltà: quella messapica, poi l’epoca romana e infine il periodo medievale, ognuna delle quali ha lasciato importanti testimonianze architettoniche e urbanistiche. Dell'antica Oria rimangono visibili resti di edifici e numerose sepolture, i cui preziosi corredi sono oggi custoditi nel Museo Archeologico di Manduria (M.A.M.). Il simbolo più rappresentativo del periodo medievale – e dell’intera città – è il maestoso Castello Normanno-Svevo, che domina la scena dall’antica acropoli dei Messapi. Inoltre, tra il V e il XVII secolo, il centro storico fu la culla di una vivace comunità ebraica. Di particolare rilievo sono la Basilica Cattedrale, edificata sopra la cripta dell’Arciconfraternita della Morte, e il suggestivo Giardino dei Celestini, immerso nel verde del Parco Montalbano.
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San Marzano di San GiuseppeSan Marzano è un paese di circa 9.000 abitanti, situato nella parte settentrionale del comprensorio del G.A.L. Attualmente rappresenta la più popolosa delle comunità di origine albanese presenti in Italia. I suoi cittadini hanno saputo mantenere viva nel tempo la memoria delle proprie radici, parlando ancora la lingua madre arbëreshe (gjuha mëmë), e distinguendosi come l’unico tra i 14 centri albanesi della provincia a custodire tradizioni e usanze della terra d’origine. L’area attorno a San Marzano era già frequentata in epoca neolitica, intorno al V millennio a.C., come attestano numerosi ritrovamenti archeologici. La prossimità con le civiltà greche di Taranto e messapiche di Oria ha influenzato profondamente lo sviluppo del territorio. Nel tempo si formarono insediamenti costituiti da capanne, documentati da numerosi studi, mentre durante l’Alto Medioevo si delineò una più articolata organizzazione sociale, che portò alla nascita di diversi casali medievali. Pur seguendo, in epoca post-medievale, un’evoluzione simile a quella dei centri vicini sotto l’aspetto edilizio ed economico, San Marzano si distingue per le sue origini lontane, legate alla cultura albanese. Nel 1530, infatti, il nobile Demetrio Capuzzimati, capitano al servizio di Giorgio Skanderbeg—l’eroe nazionale dell’Albania morto nel 1468 dopo una lunga resistenza contro l’Impero Ottomano—fuggì dalle persecuzioni di Maometto II e si trasferì a Taranto con alcune famiglie aristocratiche albanesi. Nello stesso anno acquistò dalla Regia Corte il Feudo di San Marzano per 700 ducati e ottenne anche il feudo Rizzi de li Riezi. L’unione dei due territori diede origine al feudo oggi conosciuto come San Marzano. https://www.facebook.com/photo.php?fbid=179722112150877&id=132178600238562&set=a.144031065719982&locale=it_IT
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SavaLa prima attestazione scritta dell’esistenza di un insediamento chiamato Sava risale al 1417, in un documento emanato dalla regina di Napoli Giovanna II, nel quale sono elencate le terre annesse al Principato di Taranto, feudo della nobile famiglia Orsini Del Balzo. L’insediamento nacque probabilmente verso la fine del XIV secolo, in seguito alla distruzione, avvenuta nel 1378, di alcuni casali vicini – Aliano, Pasano e Santa Maria di Bagnolo – devastati dalle scorrerie durante le guerre di successione tra Angioini e Aragonesi. Molti abitanti trovarono rifugio in una zona più sicura chiamata “i Castelli”, da cui avrebbe avuto origine il nuovo centro abitato. Tra il 1450 e il 1460, anche Sava subì nuovi attacchi e venne temporaneamente abbandonata, finché fu ripopolata da gruppi di albanesi guidati dal condottiero Giorgio Castriota Skanderbeg, che trovarono stabile dimora nel territorio. Dal 1520 al 1630, il feudo di Sava e i suffeudi di Aliano e Pasano furono acquistati dai baroni leccesi Prato. Alla morte dell’ultima erede diretta, Ippolita Prato, che aveva lasciato parte dei propri beni alla Compagnia di Gesù, si aprì una lunga disputa legale tra gli eredi e i gesuiti. La controversia si concluse nel 1743, con l’approvazione del re Carlo di Borbone, a favore della Compagnia, che già amministrava di fatto il feudo. Con la soppressione dell’ordine gesuita nel 1767, la baronia fu dichiarata terra regia e posta sotto il controllo diretto della monarchia. Nel 1798, l’ultimo feudatario, Giuseppe De Sinno, detenne brevemente il possesso del feudo, fino all’entrata in vigore della legge del 2 agosto 1806, con cui il Regno di Napoli abolì definitivamente la feudalità. Oggi Sava conta più di 16.000 abitanti con una superficie pari a 44,57 km². Il Comune fa parte dell'Associazione Città del Vino dal 1994. https://www.facebook.com/photo/?fbid=10201141395525736&set=p.10201141395525736
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Torre Santa SusannaLe prime testimonianze storiche risalgono al V–IV secolo a.C., un periodo cruciale in cui nuovi centri abitati nascevano o si sviluppavano nei dintorni. È molto probabile che Torre sia sorta come postazione strategica e difensiva della vicina città di "Uria". Il territorio del feudo si rivelò particolarmente ricco e produttivo, tanto da attirare l'interesse degli oritani per l’abbondanza dei raccolti. Questa fertilità fu forse uno dei motivi per cui Torre venne soprannominata il “Granaio di Uria”. I primi insediamenti rurali umani—tra cui Crepacore, Tubiano, San Giacomo, Sorboli e Galesano—si svilupparono nelle aree collinari. Durante l’epoca romana cominciarono a prendere forma i villaggi nelle valli, che nei secoli successivi si trasformarono in articolate strutture agricole chiamate masserie, centrali per la vita economica e sociale del tempo. Con l’arrivo dei Normanni, e successivamente degli Svevi e degli Angioini, Torre conobbe un’espansione significativa fino a diventare un nucleo abitato strutturato. Come accadde ad altri centri della zona, Torre subì vari attacchi che compromisero le infrastrutture, accompagnati da difficoltà di natura amministrativa. È durante il Rinascimento che Torre acquisì un ruolo di rilievo nel contesto territoriale, anche grazie alla presenza di numerose personalità di spicco che operarono in ambiti importanti.
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TorricellaLa nascita del borgo di Torricella affonda le radici in una narrazione popolare: si racconta che un gruppo di agricoltori e pastori, in fuga dai continui attacchi dei pirati lungo le coste ioniche, si rifugiò nell’entroterra alla ricerca di un luogo più sicuro. Fu così che sorse l’abitato, divenuto col tempo un centro stabile e vitale. Nel XII secolo, sul territorio venne edificata la suggestiva Cripta della Santissima Trinità, testimone dell’antica spiritualità della zona. Nei secoli successivi, e in particolare nel XVI secolo, presero forma le opere di costruzione del castello, ultimato presumibilmente nel 1582, oggi simbolo monumentale del paese. Con l’abolizione dei diritti feudali nel 1806, Torricella perse la propria autonomia, divenendo prima dipendenza di Sava e successivamente di Lizzano. Solo il 31 luglio 1954, il paese ottenne finalmente la sua piena autonomia amministrativa. Ancora oggi, la vita del borgo è legata ai ritmi antichi della terra, fra coltivazioni, gesti rituali e un profondo senso di appartenenza. Il paese si stringe attorno al maestoso castello a cinque torri, che conserva intatto il fascino cinquecentesco, nonostante i restauri subiti nel tempo. Arrivando dal mare, si incontra la Torre dell’Ovo, una delle numerose torri costiere aragonese erette nel XVI secolo lungo tutta la Terra d’Otranto per difendere il litorale. Di fronte a essa, resti archeologici riportano alla luce la pavimentazione di una villa romana, testimoniando la millenaria occupazione dell’area. Poco distante si trovano i resti di una tonnara, memoria delle antiche attività marinare. Tra i simboli più recenti vi è la Torre dell’Orologio, legata alla figura del vice podestà Paolo Franzoso, che ne promosse l’erezione nel 1925. La struttura, risalente al XVII secolo, ha sempre fatto parte dell’attigua dimora nobiliare sul lato destro, consolidando la sua presenza nel paesaggio urbano. Al centro del borgo si erge il Castello Muscettola, dall’impianto architettonico elegante e armonioso, terminato — secondo un’iscrizione — nel 1582. Acquistato nel 1917 dalla famiglia Turco, fu ampliato e abitato dai suoi eredi per lungo tempo. Successivamente, a causa del deterioramento strutturale, il castello fu acquisito dal Comune, che ne ha curato il restauro conservativo. La Chiesa della Madonna del Rosario, edificata nel 1700, rappresenta il cuore della spiritualità locale. È sede dell’omonima congregazione, fondata nel 1776. Esternamente semplice, l’interno custodisce un altare maggiore decorato da putti e capitelli corinzi, una statua lignea della Madonna e una pregevole tela settecentesca raffigurante la Vergine con San Domenico e Santa Caterina, incorniciata da figure di nobili oranti.










